Innovazione: Il Chain Linked Model

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Nel nostro viaggio tra i modelli dell’innovazione, abbiamo affrontato il modello Black Box in Innovazione: Il modello Black Box secondo Kline e Rosenberg, il modello Technology Push in Innovazione – Il modello Technology Push, il modello Demand Pull in Innovazione: Il modello Demand Pull.

Il limite di quest’ultimo modello è sicuramente costituito dall’assenza di interazioni e feed-back tra un comparto e l’altro. Si può infatti rilevare la presenza di alcuni feed-back, ma molto limitati, tanto da farlo sostanzialmente rimanere un modello prettamente sequenziale come i precedenti.

Tale limite viene superato dal successivo modello proposto da Kline, del quale ci occupiamo in questo appuntamento, denominato chain linked model. Gli elementi che lo compongono sono sinteticamente rappresentati nella figura.

 

Figura 1 - Chain linked model [Fonte: Kline e Rosenberg].

Figura 1 – Chain linked model [Fonte: Kline e Rosenberg].

La differenza fondamentale rispetto ai modelli descritti nei precedenti post è sicuramente che la struttura sequenziale viene utilizzata al fine di rendere più chiaro quali siano gli elementi, o meglio i settori, che vengono coinvolti nel processo d’innovazione.

Ciò che risalta maggiormente è sicuramente l’aggiunta, fondamentale, dell’aspetto della knowledge, ossia del sapere e della conoscenza come elemento distinto dalla mera tecnologia.

Per knowledge, oltre che per scoperte e teorie scientifiche, si intende anche la cosiddetta “prior knowledge”, ossia il sapere e l’istruzione degli individui stessi che lavorano e partecipano attivamente all’interno dell’impresa.

Ciò spiega perché alcuni individui vedono realizzabile una buona opportunità laddove altri non la vedono: questi posseggono infatti richer mental representations¹.

Il modello esteso presentato da Kline, è rappresentato come nella figura.

Figura 2 - Chain linked model [Fonte: Kline e Rosenberg].

Figura 2 – Chain linked model [Fonte: Kline e Rosenberg].

Lo schema non rappresenta un unico percorso di attività, ma ben cinque.

  • Il primo è quello che Kline definisce central-chain-of-innovation e viene indicato dalla freccia “C”. Si tratta del percorso standard, visto anche nei modelli precedenti, per cui il processo passa di reparto in reparto.
  • Contemporaneamente si verifica il secondo passaggio attraverso una serie di feed-back, identificati dalle frecce “f” e “F”. Questi feed-back interagiscono con i diversi step, ed inoltre operano da connessione tra i bisogni percepiti e gli utenti del mercato e tra il potenziale per il miglioramento della performance dei prodotti e servizi nel successivo percorso. Questo per sottolineare il ruolo di profonda cooperazione operato da ciascun feedback.
  • Il terzo percorso è quello evidenziato dalla freccia “D” e dai feed-back denominati “K-R”. Questo evidenzia che il link tra scienza ed innovazione non c’è solamente e in modo preponderante all’inizio del processo, ma si estende attraverso tutte le fasi. Infatti, l’uso della conoscenza accumulata, denominata anche scienza moderna è una base essenziale per le innovazioni contemporanee, ma non è semplicemente l’atto iniziale. È proprio quando questa conoscenza accumulata viene meno alle sue certezze che ci si dirige verso una ricerca maggiormente orientata agli obiettivi e, probabilmente, molto più costosa anche in termini di tempo per la risoluzione del problema presentatosi.
  • Infine, gli ultimi due percorsi sono rappresentati dalle lettere “I” ed “S”. Questi indicano le funzioni di generico supporto, sia in termini di macchinari che di conoscenza meramente intellettuale. Esse concorrono nell’interazione tra sapere, ricerca e fasi interne tipiche del processo di produzione aziendale.

Tutti i modelli fino ad ora presentati (Black Box, Technology Push, Demand Pull e Chain Linked) evidenziano come ci sia un’attenzione quasi morbosa verso quello che è il processo produttivo interno dell’azienda e verso un’innovazione che guarda solamente alla soddisfazione della domanda di un prodotto, il quale ha le caratteristiche di fisicità e del prodotto di produzione industriale.

Schumpeter², in realtà, pone in evidenza come l’innovazione possa riguardare livelli diversi rispetto quello inerente la tecnologia di per se, dando spazio ad un’innovazione trasversale e che prenda in considerazione ogni aspetto con cui l’impresa possa venire in contatto.

Schumpeter mette in luce la componente fondamentale, per cui il processo di innovazione può essere diverso dalla creazione di un qualcosa di completamente nuovo che rimpiazzi tutto quello che fino a quel momento era valido e presente.

L’innovazione ha infatti una declinazione che riscontra sempre maggior interesse e che riguarda la ricombinazione degli elementi endogeni o esogeni all’impresa, si tratti o no di introdurre elementi innovativi.

 

¹ Cognitive Process of Opportunity Recognition: The Role of Structural Alignment, D. A. Gregoire, P. S. Barr, D. A. Shepherd
² Schumpeter, 1934, riportato nel testo del libro “Il governo imprenditoriale” a cura di Cristiano Ciappei.

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