Stili di leadership: il leader coercitivo

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Stili di leadership: il leader coercitivo

Il leader coercitivo non dirige: regna nel terrore. Tra tutti gli stili di leadership, si tratta dello stile solitamente meno efficace, se non altro per gli effetti sul clima all’interno dell’organizzazione, sul branding aziendale e sugli stakeholders.

Lo stile coercitivo vede un leader che cala le decisioni dall’alto, rinunciando così ad uno degli strumenti fondamentali del management che consiste nel motivare le risorse rendendole partecipi di un disegno, di un obiettivo comune.

I collaboratori, privati di ogni sorta di voce in capitolo e flessibilità operativa, cessano di proporre qualunque contributo o innovazione. Se il leader coercitivo regna, i collaboratori diventano sudditi, non rispondono più delle modalità e della qualità del loro operato.

Lo stile coercitivo può peraltro portare al conflitto. Alla rivolta.

Lo stile coercitivo può essere utilizzato con successo limitatamente a delicati momenti di crisi dell’organizzazione o di attuazione di pesanti processi di change management.

Si addice quindi solo a momenti di concreta e universalmente riconosciuta emergenza, come extrema ratio.
Adolf Hitler scriveva che “i mezzi capaci di riportare la più facile vittoria sulla ragione sono il terrore e la forza”, ma il lungo periodo è un’altra cosa…

 

Figura 1 - Adolf Hitler [Fonte: Wikipedia].

Figura 1 – Adolf Hitler [Fonte: Wikipedia].

Le conseguenze dell’attuazione di tale stile, se protratta nel tempo, sono disastrose perché “ogni sforzo sotto coercizione richiede un sacrificio di energia vitale” come diceva l’ingegnere Nikola Tesla.

Dunque nel caso della leadership coercitiva più che mai, solo la padronanza di più stili di management può portare ad un vero vantaggio per l’organizzazione e per il proprio brand come professionista.

 

Bibliografia:
  • Harward Business Review, “Leadership That Gets Results”, Daniel Goleman
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