C’è un problema? Risolviamolo!

C’è un problema? Risolviamolo! (ovvero parliamo di Problem Solving)

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C’è un problema? Risolviamolo! (ovvero parliamo di Problem Solving)

Si stima che, entro il 2025, almeno la metà delle persone inserite nel mondo del lavoro si troverà nella condizione di dover adeguare le proprie competenze per tenere il passo delle trasformazioni a cui sono sottoposti mercato e business per effetto dello sviluppo tecnologico, accelerato a sua volta a causa della pandemia da Covid 19. (“Future of Jobs 2020” del World Economic Forum)

Tra le 10 principali skills ritenute necessarie per affrontare questa delicata sfida è presente anche il problema solving.

C’è un problema!

Immagino sia successo a tutti di essersi trovati in una situazione tale da pensare o da dire ad alta voce questa frase.

Un problema non è una situazione difficile, un’attività complessa, un rapporto delicato, ma piuttosto un ostacolo che impedisce il raggiungimento della meta prefissata.

 

C’è un problema? Risolviamolo!

 

Cosa fare, quindi, quando si presenta un problema? È ovviamente necessario pensare come risolverlo…

Quattro sono i momenti essenziali del percorso:

  1. Definire il problema
  2. Analizzare il problema
  3. Definire le soluzioni alternative
  4. Scegliere la soluzione

Vediamoli meglio nel dettaglio.

Definire il problema

Albert Einstein diceva:

Se avessi un’ora per risolvere un problema da cui dipende la mia stessa vita, userei i primi 55 minuti per definire il problema in modo chiaro.

Questa prima fase è fondamentale, decisiva. Analizzare bene e a fondo la situazione è essenziale per poi giungere alla soluzione efficace. Occorre raccogliere tutte le informazioni possibili e avere chiari il punto di partenza e l’obiettivo finale per arrivare alla vera radice del problema.

A seconda del caso e delle caratteristiche individuali di ciascuno, è possibile seguire percorsi mentali diversi, tra cui:

  • Ampliare le conoscenze. Più diversificate sono le conoscenze, più è facile trovarne alcune che possano essere pertinenti al problema in questione. Può essere quindi utile confrontarsi con persone che hanno saperi diversi per propri interessi culturali o pregressi professionali e aumentare così la probabilità di ottenere il risultato sperato.
  • Cercare nuove relazioni logiche. Vedere il problema da punti di vista diversi e unire in modo nuovo le informazioni già disponibili può aiutare a rappresentare in modo differente lo stesso problema e magari trovare analogie con situazioni già affrontate e risolte in precedenza.
  • Definire il problema ad alta voce. Linguaggio e pensiero sono strettamente correlati: raccontare ad esempio il problema in esame a qualcuno costringe a costruire un ragionamento con relazioni e connessioni logiche. Questo può facilitare l’emersione di errori di ragionamento, ma anche attinenze, collegamenti e riferimenti nascosti.
  • Far riposare il problema. Per qualcuno può essere utile mettere da parte per qualche tempo il problema: un sano distacco può agevolare il venire a galla di esperienze e informazioni apparentemente slegate, ma che concorrono – in realtà – a dare nuova forma al pensiero.

 

Analizzare il problema

Analizzare il problema passa attraverso il riconoscimento della situazione per definire il vero problema e analizzarne le cause. Osserviamo più da vicino questi tre diversi stadi:

  • Riconoscimento della situazione. È utile raccogliere tutte le informazioni possibili e pertinenti al caso in questione. In particolare, vanno ricercati i fatti e gli elementi oggettivi, depurati dalle opinioni proprie o altrui che, inevitabilmente, introducono distorsioni.
  • Definire il vero problema. È importante identificare la deviazione rispetto al percorso atteso: cosa è successo e con quali conseguenze? Dove? Quando? Come?
  • Analizzare le cause. Fatti i passi precedenti, ora si hanno a disposizione molte informazioni che possono guidare verso l’identificazione delle cause che hanno impedito di conseguire i risultati attesi e a quale ambito afferiscono. Si è trattato di fattori economici? Tecnici? Di metodo? …?

Definire le soluzioni alternative

Con le prime due fasi si è chiarito cosa non ha funzionato e perché. Ora si tratta di cercare soluzioni alternative e verificarne la realizzabilità. In generale un buon metodo può essere l’adozione di una strategia, ovvero cercare di prefigurare diversi scenari possibili analizzando le variabili in gioco e le relative correlazioni per prevedere i possibili effetti finali. Il risultato atteso deve rispondere alle aspettative iniziali.

Scegliere la soluzione

In questa fase è più che mai necessario fare i conti con le risorse a disposizione (tempo, persone, budget, strumenti, forze…) e i vincoli (norme, luogo, valori, immagine…). Prima di scegliere la soluzione definitiva è opportuno fare anche una stima degli impatti positivi/negativi che ciascuna scelta può generare su altri (altre funzioni, altre attività, altre persone). Non sarà sempre facile identificare la strada da seguire!

Peraltro, ogni scelta implicherà una certa quantità di rischio: decidere quale portare a compimento non vorrà dire individuare un comportamento sicuro, ma prefigurare gli esiti dell’alternativa scelta.

Quindi con questa traccia diventa tutto facile?

Il metodo è sempre un valido strumento, ma molte altre sono le variabili che entrano in gioco, non ultimi gli aspetti emotivi della persona, spesso ostacoli a loro volta nel processo di problemi solving.

Quanto più si è volti a raggiungere l’obiettivo, tanto più si è pronti ad investire energie, ma è opportuno imparare a saper gestire, ad esempio, l’impazienza di conseguire i risultati. Come si suol dire, la fretta è

spesso cattiva consigliera! La frenesia di aggirare l’ostacolo per arrivare all’obiettivo può essere una trappola insidiosa.

Altro aspetto da tenere in evidenza è il timore di un possibile fallimento, che può portare a muoversi con eccessiva cautela e prudenza, con il rischio di rimanere ancorati a soluzioni eccessivamente tradizionali ancorché non particolarmente efficaci.

Trovare soluzioni ai problemi ha insito anche un margine di incertezza che bisogna saper gestire. Se si lascia spazio ad ansia, preoccupazioni e timori, si può essere spinti verso un approccio prudente e ad una raccolta esageratamente abbondante di informazioni a cui non corrisponde un aumento della determinazione.

Risolvere un problema vuol poi dire produrre un cambiamento nelle abitudini, che può mettere a dura prova la tenuta emotiva delle persone. Bisogna quindi essere in grado di sostenere lo stress legato alla situazione per non banalizzare la difficoltà in maniera difensiva o addirittura arrivare ad abbandonare il compito.

Problema Risolto

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