La maledizione della conoscenza di Camerer e Lowenstein

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La maledizione della conoscenza di Camerer e Lowenstein

Steven Sloman e Philip Fernbach hanno dimostrato come gli individui siano sinceramente convinti di sapere di più di quanto non sappiano in realtà.

L’illusione della conoscenza di Sloman e Fernbach funziona però anche a rovescio.

Una persona, se è veramente esperta, tende a presupporre che gli altri conoscano almeno i rudimenti di quello che per lei è ovvio. Ancora una volta si estendono alle menti altrui i contenuti presenti nella nostra. In pubblico, gli studiosi si stupiscono spesso dell’ignoranza degli ascoltatori. Un atteggiamento genuino, privo spesso di sensi di superiorità, che però può essere frainteso come appartenenza a una casta, rendendo gli esperti inefficaci di fronte a quella che Sabino Cassese chiama l’epidemia dell’ignoranza.

Già nel 1989, Colin Camerer e George Loewenstein, avevano coniato il termine maledizione della conoscenza per indicare come gli economisti esperti ritengano che gli altri sappiano quel che è noto solo a loro.

L’illusione della conoscenza di Sloman e la maledizione della conoscenza di Camerer funzionano in modi opposti. E tuttavia dipendono entrambe dall’incerto confine tra quello che conosciamo bene, quello che crediamo sapere, e quello che supponiamo gli altri sappiano.

In molti casi saggiamente diffidiamo delle spiegazioni semplicistiche di fenomeni complessi e misteriosi, come le onde gravitazionali previste da Einstein un secolo fa, ma osservate molto dopo dai fisici Rainer Weiss, Barry Clark Barish e Kip Stephen Thorne premiati nel 2017 con il Nobel. Non così in ambiti che ci sembrano più familiari.

Sloman e Fernbach analizzano in dettaglio le micro-fondazioni del populismo. Soprattutto quando una questione preoccupa e ci rende ansiosi, preferiamo affrontare i problemi sfrondandoli, attenti a pochi dettagli, vedendo gli alberi ma non la foresta, come hanno recentemente dimostrato con un ingegnoso esperimento Carina Remmers e Thea Zander, due psicologhe rispettivamente di Berlino e Basilea.

L’illusione della conoscenza può anche avere effetti benefici. Permette di metterci l’animo in pace per risolvere questioni intricate. Meglio l’illusione della conoscenza e l’animo in pace oppure i tormenti della complessità? Questo è il dilemma che si trova di fronte Neo, il personaggio interpretato da Keanu Reeves in The Matrix, il film del 1999 di Larry e Andy Wachowski. Prendere la pillola rossa e vivere nel mondo reale, con le sue sofferenze e complicazioni, oppure prendere la pillola blu e mantenere la comodità dell’illusione? Per chi è stanco, deluso, arrabbiato, la pillola blu è un’ancora di salvezza.

 

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