Lavoro e transizione digitale

Lavoro e transizione digitale

Work and digital transition
13 Maggio 2020
Il lavoro post digitale
19 Maggio 2020

C’era una volta … Steve Jobs! Penserete subito, cari lettori, leggendo il titolo di questo post.

No, questa volta non avrete un elenco di meraviglie o di inquietudini #digitaltransformation. 

Diciamocelo, questa volta non c’è mai stata prima, o forse sì: abbiamo fatto un salto carpiato da fitness a health e nel nuovo spazio del distanziamento sociale ci facciamo domande che forse lo scorso Natale neppure immaginavamo.

Se lo facciamo in una pausa di lavoro da casa nostra è grazie al digitale. Forse affermare che il digitale ci salva la vita è un po’ eccessivo, ma certo possiamo ammettere che essere “smart” ci aiuta non poco.

Stewart Brand1 oramai tanti anni fa diceva: «Puoi provare a cambiare la testa della gente, ma stai solo perdendo tempo. Cambia gli strumenti che hanno in mano, e cambierai il mondo.» Oggi aggiungerei: “se poi alla gente gli cambia il mondo, diventeranno più bravi ad usare gli strumenti che hanno in mano”. 

Nelle prossime righe, perciò, non scriverò di lavoro e digitalizzazione, ma indicherò dei fatti che secondo me ci dicono che stiamo vivendo la transizione da lavoro a lavoro post-digitale. 

Il lavoro post-digitale è la condizione lavorativa nella quale la tecnologia digitale è incorporata nell’attività umana, anziché come nel digitale essere distinta da essa. Il lavoro post-digitale è un’attitudine dell’essere umani piuttosto che dell’essere digitali. 

Nel post-digitale le distinzioni tra lavoro materiale ed immateriale e tra nativo digitale e migrante digitale sono irrilevanti. 

Il lavoro post-digitale è l’effetto della velocità di trasformazione della interazione delle persone con la tecnologia digitale.

Da tempo ci dicevano2 che i dispositivi mobili sarebbero diventati uffici, aule ed assistenti personali, che la competenza nei social media sarebbe stato un requisito imprescindibile per tutti i lavoratori, che per eccellere nel mondo connesso sarebbe stata necessaria una nuova mentalità, che i leader avrebbero dovuto sviluppare una cultura fondata sul feedback costruttivo, empatia e capacità di guidare team virtuali.

Già nell’aprile del 2019 Accenture Italia, evidenziando come  le tecnologie digitali permettono alle imprese che vogliono investirvi di ottenere una migliore comprensione del proprio ecosistema e di intrannervi relazioni più efficaci, indicava in fiducia, responsabilità, privacy e sicurezza i fattori critici del post-digitale indicando la necessità che il mondo del lavoro procedesse in modo etico e responsabile, con una particolare attenzione alle persone per supportarle nel processo di cambiamento. Infatti, con l’adozione del digitale i lavoratori stanno sviluppando nuove capacità ed in alcuni casi si ritrovano paradossalmente ad aspettare che l’azienda per cui lavorano si metta al passo.

Questa particolare velocità era stata ben evidenziata anche nel settembre 2015 da Bruno Mettling in Transformation numérique et vie au travail, dove possiamo leggere che occorre mettere la transizione digitale al servizio della qualità del lavoro privilegiando lo sviluppo delle competenze manageriali di coloro che sono più direttamente impattati da questa trasformazione, favorendo un impiego sostenibile dell’uso dei media digitali, assicurando il bilanciamento tra vita privata e professione, supportando la capacità di disconnettessi, facendo attenzione ai sovraccarichi cognitivi o emozionali, aiutando la padronanza del flusso  informazionale, proteggendo la dimensione comunitaria nello sviluppo del lavoro da remoto, riprogettando i luoghi di lavoro, ripensando la durata del lavoro in termini di carico lavorativo, aggiornando i rischi professionali, riconsiderando i sistemi di attribuzione degli obiettivi e di valutazione, assicurando che il lavoro da remoto si alterni a quello in compresenza nello stesso luogo di lavoro, predefinendo i mezzi di comunicazione e collaborazione, costruendo la fiducia capo-collaboratore nell’ambito della gestione a distanza, concedendo autonomia e rinunciando ad una parte di controllo, condividendo le informazioni, implementando una cultura di co-costruzione e co-innovazione, anticipando le sfide della transizione al digitale. 

Sì, lo ammetto, questo lungo elenco di risultati da assicurare tutti assieme dà un po’ di vertigine e potrebbe spingerci ad assumere posizione difensive; ma il benessere di chi lavora oramai non è un “di più”. Oggi non solo McKinsey, Nike, Google ed Apple hanno programmi che vanno dalla meditazione alla formazione per rifocalizzare ed imparare a rilassarsi. 

Ecco siamo all’oggi e a come l’attualità sta cambiando molto dello status quo.

La possibilità di lavorare in modo flessibile è oramai una super tendenza globale basata sulla consapevolezza che rendere il modo di lavorare personalizzabile rende le persone più produttive. 

Nello stesso tempo, stando alle analisi comunicate da Cefriel lo scorso febbraio, ogni minuto vengono scambiate 187 milioni di email, 38 milioni di messaggi Whatsapp, 18 milioni di sms, sono quasi 900 mila i dollari spesi in ecommerce, 375 mila le app scaricate. In totale, ogni giorno vengono generati 3 quintilioni di byte di dati. Dalla ricerca risulta anche che in un minuto i video realizzati su Sanpchats toccano i 2,4 milioni, i login su Facebook arrivano a 973 mila, i tweet inviati sono 481 mila e gli scroll su Instagram fino a 174 mila.  Questa enorme generazione di dati può aumentare del 20% le performance di vendita, migliorare del 25% la profilazione, affinare la stima del rischio per diminuire del 30% il pericolo sul credito dei clienti. Insomma, si può incrementare l’efficienza delle aziende, migliorare la relazione con i clienti e creare nuove opportunità. Di certo, questa enorme produzione di dati ha portato nel cuore del nostro quotidiano la tecnologia digitale.

Nel cuore, ma non al cuore. Poi qualcosa è cambiato…

 

1 Stewart Brand (Rockford, 14 dicembre 1938) celebre per aver coniato nel 1974 il termine “personal computer” nel suo libro “Two Cybernetic Frontiers”.

2 10 Previsioni per il lavoro del 2020 di Jeanne C. Meister.

Condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

EnglishFrenchGermanItalianRussianSpanish