Settore del lusso: Omar Antonio Cescut

Settore del lusso: Omar Antonio Cescut – Chief Marketing & Communication Officer del Gruppo Lem Industries

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Lusso e pandemia. Ci racconti in sintesi il vostro core business, e cosa significa essere un’azienda che opera in questo settore, nel difficile momento storico che stiamo attraversando? Puoi darci un quadro dello scenario?

Siamo il gruppo europeo più importante per la crescita e lo sviluppo di aziende e startup attive nel settore degli accessori e della loro finitura. Forniamo soluzioni e tecnologie ai grandi gruppi e ai brand più prestigiosi del settore luxury a livello internazionale, al fine di assicurare la qualità della produzione artigianale italiana e al contempo garantire la stabilità e la garanzia del processo industriale. Accompagniamo persone e imprese nella realizzazione dei loro traguardi, con la consapevolezza che solo nell’evoluzione continua possiamo trovare la formula per il successo nel qui ed ora e nel domani. Per un Gruppo come il nostro, quest’ultimo periodo è stato davvero sfidante. Abbiamo dovuto mettere in atto un cambiamento che mai prima avevamo né pensato né sperimentato, ed abbiamo avuto l’esatta conferma che l’evoluzione è sempre possibile.

Per dirla con un gioco di parole, abbiamo dovuto cambiare per non cambiare, e per preservare i nostri livelli di fatturato. Abbiamo dovuto cambiare per evolvere, trasformando situazioni negative in positive, come ad esempio tutte le nuove procedure e le regole imposte dalla pandemia. E abbiamo dovuto cambiare ancora quando ci siamo accorti che i cambiamenti attuati per quello che inizialmente si credeva sarebbe stato un evento passeggero sarebbero invece dovuti durare molto più a lungo e consolidarsi in una ritrovata normalità e quotidianità. Prima della pandemia, eravamo talmente “resistenti” e forse poco abituati al cambiamento, che è stato necessario l’arrivo di un virus per modificare regole, azioni, credenze che oggi, in realtà, consideriamo ormai invalidanti e limitanti. Ad oggi, come Gruppo Lem, siamo di fatto un contoterzista che ha imparato a gonfiarsi e sgonfiarsi continuamente, seguendo l’andamento del mercato del luxury e le vendite dei grandi brand.

Siete un’industria strutturata, ma con la cura per i dettagli propria dell’artigiano: un approccio distintivo di molte aziende italiane di successo. Quanto conta questo come fattore distintivo dalla concorrenza nei mercati internazionali del b2b e che valore oggi si può attribuire al Made in Italy?

Personalmente ritengo che solo chi è nato nella bellezza la possa poi anche comprendere, amare e produrre. Gli altri la possono soltanto acquistare. Forse la ricerca della bellezza è l’unica cosa che ci differenzia come esseri umani dal mondo animale, e il lusso ne è la sua massima espressione. Ecco, questo per me significano artigianato e Made in Italy.
Come azienda siamo una “multinazionale locale”, fatta da persone che provengono da tutto il mondo e impegnata con i maggiori protagonisti del lusso internazionale, ma che allo stesso tempo produce di fatto in provincia di Arezzo e vende in provincia di Firenze. Questa è la nostra internazionalità, quasi a km 0. Il tema, però, è che oggi i maggiori brand sono orientati da capitali e centri di decisione non italiani, che hanno compreso e valorizzato il nostro saper fare che tutto il mondo ci ha sempre invidiato. Ma se non ci sarà un’azione di sistema Paese, rischiamo di fare dell’Italia solo un luogo di alta produzione, perdendo tutti gli altri valori della nostra unicità.

Avete puntato su persone giovani con elevato grado di formazione e la capacità di assicurare attenzione e standard qualitativi elevati in ogni fase della produzione. Cosa vuol dire oggi per un’azienda investire nel “capitale umano”?

L’azienda è oggi l’ultima delle “comunità possibili”, e probabilmente tra quelle più sane e sicure: su questo tema la pandemia è stata rivelatrice della scommessa degli imprenditori italiani. Il “capitale umano” di conseguenza è per noi l’unico in grado di capitalizzarsi e di crescere e maturare nel tempo. La scelta delle attitudini ancor prima delle competenze, la cultura e il coinvolgimento, la diversità e l’inclusione, il lavoro come chance per il futuro, rappresentano tutti dei grandi temi aziendali che ci teniamo a diffondere da subito attraverso un welcome kit dedicato a tutti i nuovi colleghi assunti, specialmente i più giovani.

Il Gruppo LEM Industries ha tra i propri clienti alcuni dei principali brand italiani ed internazionali della moda. Quali sono i punti chiave in termini di marketing e comunicazione in un rapporto b2b in questo mercato?

Il b2b di questo settore è un rapporto di collaborazione un po’ articolato perché coinvolge molti protagonisti, con competenze verticali diverse, in un’unica filiera a servizio dello stile o delle esigenze di produzione del brand. Ritengo che il nostro marketing e comunicazione si debba concentrare specificamente nel trasmettere ai nostri interlocutori il “nostro unico processo del valore” affinché ne possano comprendere il livello straordinario sia per competenza e innovazione, ma anche dal punto di vista strategico e valoriale.
Molte volte l’acquisto di un prodotto di lusso porta con sé, oltre che un’innata capacità di trasmettere elettività e buon gusto, la sintesi di un’ineguagliabile lavorazione di estrema qualità, e questo non sempre è un contenuto che viene valorizzato nei punti vendita, e ancor più difficile è valorizzarlo nelle vendite on line. Affiancarci al brand per poter raccontare che nella customer journey di ogni oggetto di lusso c’è tutta la passione e professionalità dei nostri colleghi e colleghe, è quindi il nostro obiettivo principale.

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