Vendite on line: Lorenzo Biscontin

Vendite on line: Lorenzo Biscontin, consulente di gestione aziendale e marketing nel settore del food and beverage

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Lorenzo Biscontin, vent’anni di carriera in azienda, dal 2014 consulente di gestione aziendale e marketing nel settore del food and beverage, vino in particolare. Collabora alle riviste Millevigne e Corriere Vinicolo ed al sito Vinix.com, è autore del blog biscomarketing.it.

Come sta andando il mercato del vino, in particolare per i produttori italiani? Quali sono i trend e le previsioni da qui a fine 2021?
Domanda da un miliardo di euro. Uno studio pubblicato a luglio dall’Istituto Iwsr prevedeva per quest’anno un calo mondiale a volume del 13,6% con un parziale recupero nel 2021, con un recupero dei livelli pre COVID nel 2024.
Io non mi sento di spingermi così avanti con le previsioni ma ritengo che i dati del 2020 e 2021 siano peggiori di questi per le cantine italiane.
Tra l’altro bisogna considerare che in tutto il mondo il calo di vendite ha riguardato il canale horeca, dove si vendono i vini di profilo qualitativo, e prezzo, più alto, mentre nella GDO le vendite sono cresciute in seguito al fatto che le persone hanno passato e passano più tempo a casa, spesso consumando a casa entrambi i pasti.
Personalmente ritengo che rispetto al 2019 il calo di vendite di vino italiano a valore si aggirerà intorno al 30% nel 2020 e, se va bene, intorno al 20% nel 2021. Non bisogna dimenticare infatti che nei primi mesi di quest’anno gli importatori di USA ed UK hanno aumentato le proprie scorte di vini italiani in previsione della Brexit e dei, paventati, dazi Trump, generando così un aumento “fittizio” delle esportazioni rispetto ai consumi effettivi.

Il lockdown ha dato una spinta al digitale in molti settori. Come è stata recepita in particolare dal mondo vinicolo, e qual è oggi l’approccio al commercio elettronico?
A partire dal lockdown moltissime cantine di ogni dimensione si sono attivate per aprire il proprio e-shop e molte sono entrate, o hanno cercato di entrare, negli assortimenti dei siti di e-commerce di vino.
Indubbiamente le vendite on-line sono esplose, con incrementi del 100%, ma i numeri sono ancora molto piccoli.
Tannico, ad esempio, con i suoi 1,5 milioni di bottiglie vendute nel 2019 era di gran lunga il primo e-shop italiano di vino. Tenuto conto che ha circa 2.500 fornitori e considerando un raddoppio delle vendite, significa una media di 1.200 bottiglie all’anno per cantina.
Sull’e-commerce vedo più avvantaggiate le piccole cantine che attraverso la comunicazione on-line (sociale, ma anche newsletter) possono creare una comunità di appassionati sufficiente a sostenere una parte rilevante del business.

Come si comunica oggi il vino in Italia? Quali le principali differenze con ciò che viene fatto all’estero? 3 consigli che daresti ai produttori per migliorare le proprie strategie? C’è un’azienda estera che ritieni possa essere presa come benchmark in termini di marketing e comunicazione?
La comunicazione del vino in Italia è abbastanza monocorde e tutti i produttori, indipendentemente dalle dimensioni, sono appiattiti sui valori di qualità intrinseca, artigianalità e storia.
Con alcune eccezioni, soprattutto nel comparto dei vini spumanti, mancano completamente posizionamenti basati su un lifestyle, valori di marca più ampi di quelli direttamente legati al prodotto ed alla produzione.
Questo tipo di comunicazione si trova invece negli altri mercati mondiali, soprattutto da parte di produttori del “nuovo mondo”, ma con esempi interessanti anche dalla Francia e dalla Spagna.
Esempi interessanti all’estero sono “Cupcake vineyards” e le marche nate recentemente nel comparto dei “red blends” sul mercato USA.
Mi sembra giusto citare un benchmark italiano: Donnafugata è un ottimo esempio di strategia di marketing che sostiene e valorizza il posizionamento distintivo di vini qualitativamente eccellenti, storici e familiari. Ovvero anche i valori classici del vino italiano possono essere utilizzati in modo originale, coerente e creativo.

Il prosecco e il successo di questi anni: benefici del marketing, qualità del prodotto o cos’altro?
Il successo del Prosecco è in buona parte un mistero, come succede frequentemente in ambito alimentare. Basta pensare al successo mondiale che in passato hanno avuto prodotti come il Tiramisù, l’aceto balsamico di Modena o la rucola senza che dietro ci fosse alcuna strategia di marketing strutturata.
Nel caso del Prosecco sicuramente il primo elemento è il profilo sensoriale, molto piacevole per tutti i palati, senza le asperità degli spumanti metodo classico o la frequente banalità degli spumanti dolci.
Grazie a questo profilo sensoriale, il Prosecco è percepito in tutto il mondo come un vino di qualità (perché ha un’origine specifica), piacevole, allegro ed informale. Non è un’alternativa economica allo champagne, come gli spumanti metodo classico, ma è qualcosa di diverso, più simpatico e vicino (accessibile).
Dal punto di vista del marketing questo posizionamento è stato rafforzato innanzitutto con le scelte di packaging, nel vino la bottiglia è uno dei principali strumenti di comunicazione, da parte delle cantine che hanno cercato forme e colori diversi da quelli tradizionalmente legate agli spumanti.
Inoltre tutte le attività di marketing diretto (degustazioni) sono state impostate sui concetti di quotidianità e convivialità che caratterizzano il consumo del Prosecco nella sua zona d’origine. Valori ben diversi e differenzianti rispetto all’esclusività ed alla celebrazione che caratterizzano gli altri spumanti.
Da ultimo vale forse la pena ricordare che a livello mondiale prevalgono le bevande gassate, birra e soft drinks, a dimostrazione che tendenzialmente le persone apprezzano le bollicine. Il gusto ecumenico del Prosecco è riuscito a rispondere a questa preferenza nell’ambito vinicolo.
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