La Robot Tax: Una nuova frontiera fiscale nell’Era dell’automazione – Digital4Pro

La Robot Tax: Una nuova frontiera fiscale nell’Era dell’automazione

I Big Data come strumento di innovazione
10 Giugno 2025

Parte I: Contesto Storico e Tecnologico

 

1.1 Le Rivoluzioni Industriali e il Lavoro

Nel corso della storia, il progresso tecnologico ha più volte rivoluzionato il modo in cui l’essere umano lavora, produce e vive. Le rivoluzioni industriali sono state snodi cruciali che hanno segnato la trasformazione delle economie agrarie in società industrializzate e, successivamente, digitalizzate.

La Prima Rivoluzione Industriale, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, è stata caratterizzata dall’introduzione della macchina a vapore e dall’automatizzazione del lavoro manuale nelle fabbriche tessili. Questo processo ha ridotto la domanda di manodopera artigianale ma ha generato nuove professioni legate alla manutenzione e gestione delle macchine.

La Seconda Rivoluzione Industriale, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ha visto l’elettrificazione delle fabbriche, la produzione in serie e la catena di montaggio. Si è trattato di un momento cruciale per l’organizzazione scientifica del lavoro, simbolicamente rappresentata dalle teorie di Frederick Taylor e Henry Ford.

La Terza Rivoluzione Industriale, a partire dagli anni ’70 del Novecento, ha introdotto l’automazione elettronica, l’informatica e la robotica nelle industrie. Le macchine hanno cominciato a eseguire compiti ripetitivi con maggiore precisione, mentre i computer hanno cambiato la gestione dell’informazione e della produzione.

Infine, oggi stiamo vivendo la Quarta Rivoluzione Industriale, definita anche come “Industria 4.0”, che combina l’intelligenza artificiale, l’Internet delle Cose (IoT), la robotica avanzata e l’automazione intelligente. Questa fase è qualitativamente diversa: non si tratta più solo di sostituire il lavoro manuale o ripetitivo, ma di automatizzare anche compiti cognitivi, decisionali e creativi.

1.2 L’Avvento dell’Automazione Digitale

Negli ultimi decenni, l’adozione massiccia di sistemi digitali ha cambiato radicalmente il modo in cui produciamo valore. A partire dagli anni 2000, le aziende hanno progressivamente integrato software gestionali, algoritmi predittivi, sistemi ERP (Enterprise Resource Planning), intelligenze artificiali rudimentali e, infine, reti neurali capaci di apprendere dai dati.

L’automazione digitale non si limita ai robot fisici nelle fabbriche: oggi è presente negli sportelli bancari automatizzati, nei sistemi di raccomandazione delle piattaforme di e-commerce, negli algoritmi che gestiscono la logistica e persino nei software che analizzano testi legali, scrivono articoli o generano musica.

Questa transizione ha portato a una nuova forma di lavoro invisibile, in cui le decisioni vengono prese da sistemi automatizzati, e le interazioni tra clienti e fornitori sono spesso mediate da intelligenze artificiali. La produttività è cresciuta, ma non sempre il benessere economico si è distribuito equamente.

1.3 Il Progresso dell’Intelligenza Artificiale

L’intelligenza artificiale è la punta di diamante dell’attuale rivoluzione tecnologica. Gli algoritmi di machine learning, in particolare le reti neurali profonde (deep learning), hanno permesso a computer e sistemi automatici di eseguire compiti prima considerati esclusiva dell’intelligenza umana: riconoscere volti, comprendere linguaggi naturali, scrivere codici software, tradurre lingue, effettuare diagnosi mediche.

Dal 2012 in poi, con la vittoria degli algoritmi di deep learning nelle competizioni di visione artificiale (ImageNet), il campo dell’IA ha conosciuto uno sviluppo esponenziale. Le AI generative (come i modelli di linguaggio, tra cui GPT) stanno ora ridefinendo interi settori: giornalismo, assistenza clienti, design, consulenza legale e oltre.

Le implicazioni per il mercato del lavoro sono enormi: se una AI è in grado di scrivere, progettare, prevedere e decidere, in che modo le società regoleranno il nuovo rapporto tra capitale, automazione e contribuzione fiscale?

1.4 La Nuova Era del Lavoro: Macchine Cognitivamente Autonome

Siamo entrati in una fase in cui il concetto stesso di “forza lavoro” è in trasformazione. Le macchine non sono più meri strumenti operativi, ma agenti autonomi capaci di prendere decisioni, apprendere, adattarsi e persino cooperare.

Esempi concreti includono:

  • Sistemi di trading algoritmico che muovono miliardi senza intervento umano
  • Chatbot che gestiscono relazioni con i clienti 24/7
  • Sistemi diagnostici che supportano (o sostituiscono) medici in ospedali
  • Robot collaborativi (cobot) in fabbriche che apprendono dall’ambiente
  • Intelligenze artificiali che generano codice software, arte, narrativa

Questi sistemi riducono i costi per le aziende, aumentano la velocità di produzione e l’efficienza. Tuttavia, pongono un problema strutturale: non percepiscono un salario, non versano contributi, non pagano tasse.

In una società in cui il lavoro è sempre più svolto da “entità non umane”, la tassazione del lavoro tradizionale rischia di diventare obsoleta. Ecco dove nasce il dibattito sulla robot tax: dovremmo tassare le macchine, le AI e gli algoritmi come se fossero lavoratori?

 

Parte II: Economia dell’Automazione

2.1 Automazione e Produttività

L’automazione è stata a lungo considerata un motore fondamentale per l’aumento della produttività. Dall’introduzione dei primi telai meccanici fino ai moderni robot industriali, ogni nuova ondata tecnologica ha incrementato la quantità di beni e servizi prodotti per ora di lavoro. In teoria economica, la produttività del lavoro è un indicatore chiave per la crescita del PIL e per il miglioramento del tenore di vita.

Negli ultimi decenni, l’automazione digitale ha permesso guadagni di efficienza impensabili in molti settori. L’introduzione di software gestionali, algoritmi predittivi e intelligenze artificiali ha ridotto drasticamente il tempo necessario per eseguire compiti amministrativi, analitici e decisionali. Tuttavia, questi guadagni non si sono sempre tradotti in un aumento proporzionale dei salari o in una maggiore occupazione.

La “productivity paradox”, ovvero il paradosso della produttività, suggerisce che l’introduzione delle tecnologie digitali non ha sempre portato i benefici attesi in termini di crescita economica diffusa. Una possibile spiegazione è che le tecnologie moderne, pur migliorando l’efficienza, hanno una curva di adozione lunga e generano effetti collaterali, come la concentrazione della ricchezza e la sostituzione di lavoratori umani con macchine.

2.2 Lavoro Sostituito vs Lavoro Complementare

La distinzione tra automazione sostitutiva e automazione complementare è cruciale. La prima riguarda l’impiego di tecnologie per rimpiazzare completamente attività svolte da esseri umani. Ad esempio, un braccio robotico che salda componenti in una catena di montaggio sostituisce un operaio. La seconda, invece, riguarda tecnologie che amplificano le capacità umane, come strumenti di supporto decisionale per manager o software che aiutano i medici a formulare diagnosi.

In teoria, l’automazione complementare dovrebbe aumentare la produttività dei lavoratori, migliorandone le condizioni e aumentando i salari. Tuttavia, nella pratica, l’equilibrio è instabile. Se la sostituzione supera la complementarità, si genera disoccupazione tecnologica e pressione verso il basso sui salari, in particolare per le mansioni medie e poco qualificate.

Il fenomeno noto come “polarizzazione del mercato del lavoro” è legato proprio a questo squilibrio: crescono le occupazioni altamente qualificate e ben retribuite, e quelle poco qualificate e scarsamente pagate, mentre si riducono le posizioni intermedie, che sono le più vulnerabili all’automazione.

2.3 Mercato del Lavoro: Disoccupazione Tecnologica e Riconversione

L’impatto dell’automazione sul mercato del lavoro è stato oggetto di studi economici fin dal XIX secolo. Già John Maynard Keynes parlava di “disoccupazione tecnologica”, anticipando che il ritmo dell’innovazione avrebbe potuto superare la capacità della società di adattarsi.

In epoca moderna, rapporti come quelli del World Economic Forum e di McKinsey Global Institute stimano che milioni di posti di lavoro saranno automatizzati entro pochi decenni. Tuttavia, sottolineano anche che emergeranno nuove professioni, oggi non esistenti, in settori come la manutenzione di AI, la cybersecurity, la progettazione di algoritmi e l’assistenza umana aumentata.

Il vero nodo è la riconversione: la capacità dei sistemi educativi, delle politiche pubbliche e delle imprese di riqualificare i lavoratori in tempi rapidi. La robot tax è proposta da alcuni come uno strumento per finanziare questa transizione, raccogliendo risorse da chi trae vantaggio dall’automazione per sostenere chi rischia di esserne penalizzato.

2.4 La Concentrazione della Ricchezza Tecnologica

L’automazione tende a favorire le imprese che hanno maggiore capacità di investimento, know-how e accesso alle tecnologie più avanzate. Di conseguenza, la ricchezza e il potere economico si concentrano in poche aziende leader, spesso multinazionali, capaci di automatizzare su larga scala e di massimizzare i profitti grazie a una forza lavoro minima.

Questa dinamica ha effetti significativi sull’equilibrio fiscale: se poche imprese generano grandi profitti ma occupano pochi lavoratori, la base imponibile derivante dal lavoro si restringe, mentre aumentano le pressioni per ridurre la tassazione sui capitali. In questo contesto, la robot tax viene vista da alcuni economisti come uno strumento per riequilibrare la distribuzione del carico fiscale, tassando non solo il lavoro umano, ma anche il lavoro automatico.

La concentrazione della ricchezza si riflette anche nei dati sulla disuguaglianza: negli ultimi trent’anni, i paesi con maggiore automazione hanno visto crescere il divario tra top earners e lavoratori medi. Senza meccanismi redistributivi efficaci, l’automazione rischia di amplificare ulteriormente queste disparità.

 

Parte III: La Tassazione nel Mondo del Lavoro

3.1 Il Modello Attuale: Lavoro come Fonte Fiscale Primaria

Nella maggior parte dei paesi industrializzati, il sistema fiscale si basa principalmente sulla tassazione del reddito da lavoro. I lavoratori dipendenti e autonomi versano imposte sui redditi personali, oltre ai contributi previdenziali e sociali. Anche le imprese contribuiscono in modo significativo, attraverso oneri sociali e tributi legati all’occupazione.

Questo modello ha funzionato in un’economia dominata dal lavoro umano. Tuttavia, con l’aumento dell’automazione, il numero di lavoratori può diminuire anche in settori produttivi. Ne consegue che, in assenza di riforme, lo Stato rischia di veder crollare le sue entrate fiscali, proprio mentre aumenta la necessità di spesa sociale per sostenere i lavoratori disoccupati o da riqualificare.

3.2 Crisi del Welfare Tradizionale

Il welfare state è stato storicamente costruito sulla base del lavoro umano. Le pensioni, l’assistenza sanitaria, i sussidi di disoccupazione e altri servizi pubblici sono finanziati principalmente attraverso i contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro. Tuttavia, con la crescente automazione, questo equilibrio si spezza: più robot lavorano al posto delle persone, minori sono i contributi versati.

Già oggi, in molti paesi, i sistemi previdenziali affrontano difficoltà a causa dell’invecchiamento della popolazione e della riduzione del numero di occupati. L’introduzione massiva di automazione potrebbe aggravare ulteriormente la crisi, rendendo necessario un ripensamento profondo della fiscalità e del modello di welfare.

3.3 Nuove Forme di Reddito e Contributi

Una risposta proposta è l’introduzione di nuove forme di reddito universale, come il Reddito di Base Universale (UBI), finanziato tramite nuove imposte sul capitale o sulle macchine. In questo quadro, la robot tax diventa uno strumento non solo fiscale, ma anche di giustizia sociale e di adattamento sistemico.

L’idea è che se i robot sostituiscono i lavoratori, debbano in qualche modo contribuire anch’essi alla spesa pubblica. Ciò può avvenire attraverso:

  • una tassa diretta sull’uso dei robot;
  • una tassa aggiuntiva sui profitti delle aziende che automatizzano in misura significativa;
  • un contributo commisurato al “valore aggiunto” prodotto dai sistemi automatizzati.

Queste misure mirano a preservare la sostenibilità dei sistemi di welfare, ridistribuire parte dei guadagni dell’automazione e finanziare programmi di formazione e supporto per i lavoratori colpiti.

3.4 Erosione della Base Imponibile

Uno dei problemi principali posti dall’automazione è l’erosione della base imponibile del lavoro. Se le imprese riducono il personale umano, lo Stato perde contributi e imposte. Ma al tempo stesso, le imprese possono spostare profitti all’estero, delocalizzare, o sfruttare meccanismi di ottimizzazione fiscale che rendono difficile tassarle in modo efficace.

La robot tax si presenta dunque anche come una risposta all’economia digitale globalizzata: tassare il lavoro automatico, che spesso resta fisicamente presente sul territorio (robot, macchinari, server), può aiutare a stabilizzare le entrate fiscali.

Inoltre, una base imponibile troppo concentrata sul lavoro umano può risultare regressiva: i lavoratori continuano a pagare tasse elevate, mentre i profitti automatizzati e finanziari sono tassati meno. Questo squilibrio mina la legittimità del sistema fiscale e può generare tensioni sociali.

 

Parte IV: Modelli di Robot Tax

4.1 Tassazione Diretta sui Robot

Una delle proposte più discusse è quella di introdurre una tassa diretta su ogni robot che sostituisce un lavoratore umano. Il principio sottostante è semplice: se un robot prende il posto di un impiegato, l’azienda dovrebbe versare un contributo pari alle imposte che quel lavoratore avrebbe pagato, più i relativi oneri sociali.

Questo tipo di tassa è concettualmente semplice ma complesso da applicare. Innanzitutto, occorre definire cosa si intende per “robot”: solo macchine fisiche o anche software intelligenti? Inoltre, bisogna determinare la misura della sostituzione: quante ore uomo equivalgono a un robot?

Nonostante queste difficoltà, una tassa diretta avrebbe il vantaggio di essere trasparente e legata all’effettivo uso di tecnologia sostitutiva. Essa potrebbe anche scoraggiare un’automazione puramente finalizzata al taglio dei costi, incentivando al contrario investimenti in tecnologia complementare.

4.2 Tassa sui Profitti da Automazione

Un altro approccio è tassare i profitti incrementali generati dall’automazione. Se un’impresa automatizza e, grazie a ciò, aumenta i suoi margini, la parte eccedente dei profitti potrebbe essere soggetta a un’aliquota più alta. Questo modello si basa sull’idea che l’automazione genera un valore economico che deve essere redistribuito.

Il vantaggio di questo metodo è che non richiede di misurare direttamente l’uso dei robot, ma si concentra sui risultati finanziari. Tuttavia, può essere difficile distinguere tra profitti derivanti da automazione e quelli derivanti da altri fattori (strategie di mercato, aumento della domanda, riduzione dei costi generali).

4.3 Contributo per Sostituzione Lavorativa

Un modello intermedio prevede un contributo obbligatorio per ogni unità di lavoro umano sostituita da automazione. Questo contributo non è una tassa in senso stretto, ma una sorta di compensazione sociale, destinata a fondi di riconversione e formazione professionale.

Ad esempio, se un’azienda automatizza un reparto e licenzia 50 lavoratori, dovrebbe versare un importo proporzionale al costo sociale di quel licenziamento: dalla disoccupazione ai corsi di aggiornamento. Il vantaggio di questo modello è la sua funzione redistributiva diretta, anche se può risultare oneroso per le imprese in fase di transizione.

4.4 Tassazione del Capitale Automatizzato

Una proposta più radicale riguarda la riforma complessiva del sistema fiscale, con una maggiore enfasi sulla tassazione del capitale, anziché del lavoro. In questa visione, non è tanto il robot a dover essere tassato, quanto il capitale che lo possiede e lo impiega.

Questo approccio si ricollega ai principi della fiscalità progressiva e punta a riequilibrare il peso tra lavoro e capitale. Si tratta però di una trasformazione strutturale, che richiede una profonda revisione delle normative tributarie e un consenso politico difficile da ottenere.

4.5 Modelli Ibridi e Adattivi

Infine, alcuni esperti propongono modelli ibridi, che combinano le diverse opzioni a seconda del contesto. Ad esempio:

  • tassa diretta sui robot nelle industrie manifatturiere;
  • contributo per sostituzione nei servizi;
  • aliquota maggiorata sui profitti per imprese ad alta automazione.

L’adozione di un modello adattivo permette di tener conto delle specificità settoriali e territoriali, evitando rigidità eccessive. Tuttavia, comporta una maggiore complessità amministrativa e il rischio di arbitrarietà nella classificazione.

 

Parte V: Casi Studio e Politiche Attuali

5.1 Unione Europea

L’Unione Europea ha discusso in diverse sedi il concetto di robot tax. Nel 2017, il Parlamento Europeo ha esaminato una proposta per introdurre una forma di tassazione sui robot, con l’obiettivo di compensare la perdita di posti di lavoro. La proposta includeva anche l’idea di un’identità giuridica per i robot, ma fu respinta a causa di critiche sulla sua applicabilità e sull’impatto sull’innovazione.

Tuttavia, alcuni stati membri hanno iniziato a esplorare politiche locali. In particolare:

  • Francia ha discusso varie proposte accademiche su come modulare una tassa sul lavoro automatizzato.
  • Germania, pur molto automatizzata, ha preferito puntare su sussidi alla riqualificazione piuttosto che sulla tassazione.
  • Spagna e Italia hanno mostrato interesse per modelli redistributivi legati alla robotizzazione, specialmente nel contesto industriale manifatturiero.

5.2 Corea del Sud

Nel 2017, la Corea del Sud è diventata uno dei primi paesi a introdurre una forma concreta di robot tax, seppur indiretta. Il governo ha deciso di ridurre gli incentivi fiscali per le aziende che investono in automazione. In pratica, ciò equivale a un aumento della tassazione relativa ai robot, senza introdurre una tassa esplicita.

La misura è stata motivata dal desiderio di bilanciare innovazione tecnologica e tutela occupazionale. Sebbene non abbia fermato il progresso tecnologico, ha sollevato il dibattito sull’equilibrio tra crescita economica e coesione sociale.

5.3 Stati Uniti

Negli Stati Uniti, il dibattito sulla robot tax è stato influenzato soprattutto dalla posizione di alcune personalità del settore tecnologico. Bill Gates, ad esempio, ha proposto una tassa sui robot per finanziare l’assistenza sociale e la riqualificazione dei lavoratori. La sua proposta ha generato grande attenzione, ma anche critiche da parte di economisti e imprenditori preoccupati per un possibile freno all’innovazione.

A livello federale, non è stata adottata alcuna legislazione specifica, ma città come San Francisco hanno iniziato a esplorare meccanismi per tassare l’automazione commerciale.

Inoltre, vari think tank e università statunitensi hanno sviluppato modelli teorici di robot tax, analizzandone l’impatto su crescita, occupazione e distribuzione del reddito.

5.4 Cina

La Cina è uno dei paesi leader nell’adozione di robot industriali, ma non ha introdotto finora alcuna robot tax. Il governo cinese ha invece scelto una strategia di forti investimenti in automazione, considerandola un asset strategico per la competitività globale.

Tuttavia, nelle province con alta densità industriale, sono emerse preoccupazioni per l’occupazione e il ruolo sociale delle aziende automatizzate. Alcuni governi locali hanno iniziato a finanziare programmi per la formazione e il reinserimento dei lavoratori, anche se senza prevedere un prelievo fiscale specifico sui robot.

5.5 Paesi Nordici

I paesi nordici (Svezia, Finlandia, Danimarca) non hanno implementato una robot tax, ma rappresentano un modello interessante. Queste nazioni combinano alta automazione con solidi sistemi di welfare, forti investimenti in istruzione e formazione continua.

L’approccio è basato più sulla prevenzione che sulla compensazione: piuttosto che tassare i robot, si punta a garantire che i lavoratori possano adattarsi al cambiamento. L’idea è che una società ben preparata non abbia bisogno di frenare la tecnologia, ma di accompagnarne l’evoluzione.

 

Parte VI: Implicazioni Etiche e Sociali

6.1 Disuguaglianza Economica

Uno degli argomenti principali a favore della robot tax è il rischio crescente di disuguaglianza economica. L’automazione tende a concentrare la ricchezza nelle mani di pochi proprietari di capitale, riducendo la quota di reddito destinata al lavoro. Senza meccanismi redistributivi, questo fenomeno può amplificare la polarizzazione tra ricchi e poveri.

La tassazione dei robot, o meglio del valore prodotto dall’automazione, può rappresentare un correttivo per garantire maggiore equità. I proventi fiscali potrebbero essere utilizzati per finanziare programmi di welfare, redditi di base universali o investimenti in istruzione.

6.2 Il Valore del Lavoro Umano

L’ascesa delle macchine solleva interrogativi sul significato del lavoro umano. Se le macchine svolgono compiti sempre più complessi, quale ruolo resta all’essere umano? Tassare i robot può essere visto anche come un modo per affermare il valore del lavoro, non solo economico ma anche sociale, culturale e psicologico.

Lavorare non è solo produrre reddito, ma anche contribuire alla società, costruire identità, sviluppare competenze. Una società automatizzata rischia di escludere molte persone da questi benefici, generando alienazione e senso di inutilità. La robot tax può contribuire a finanziare attività che mantengano vive le funzioni sociali del lavoro, anche in forme nuove e ibride.

6.3 Diritto alla Riqualificazione

L’introduzione di tecnologie che soppiantano intere categorie di lavoratori impone un obbligo morale e politico: garantire la possibilità di riqualificazione. La tassazione dell’automazione può servire a finanziare corsi di aggiornamento, percorsi di transizione occupazionale, formazione continua.

Questo diritto alla riqualificazione è essenziale per mantenere la coesione sociale. Senza di esso, le tensioni tra innovatori e lavoratori esclusi rischiano di trasformarsi in conflitto sociale. Una robot tax ben strutturata può favorire un patto sociale equo tra progresso tecnologico e giustizia.

6.4 Identità e Futuro del Lavoro

Infine, la tassazione dei robot ci costringe a riflettere sul futuro stesso del lavoro. Cosa succede in un mondo dove l’occupazione tradizionale diminuisce? Alcuni teorici propongono di separare il concetto di reddito da quello di lavoro, introducendo strumenti come il reddito di cittadinanza.

In questa prospettiva, la robot tax diventa un mezzo per finanziare una società post-lavorativa, dove gli individui possono dedicarsi a creatività, cura, partecipazione civica. Questo scenario, sebbene utopico, richiede un grande ripensamento delle istituzioni economiche e fiscali.

 

Parte VII: Prospettive Future e Conclusioni

7.1 Innovazione e Regolamentazione: una Sfida Equilibrata

Il futuro della robot tax si giocherà sull’equilibrio tra promozione dell’innovazione e protezione sociale. Da un lato, è essenziale non ostacolare lo sviluppo tecnologico con regole troppo rigide; dall’altro, è necessario creare meccanismi che evitino la disintegrazione del tessuto lavorativo e sociale.

Una strategia possibile è quella di introdurre tassazioni flessibili e progressive, che aumentino man mano che la tecnologia diventa più pervasiva e che siano accompagnate da incentivi per la creazione di nuovi lavori e per la riqualificazione professionale.

7.2 Proposte Istituzionali

Molti organismi internazionali, tra cui l’OCSE e l’ILO, hanno avviato studi per proporre linee guida comuni. Una delle ipotesi è quella di un quadro normativo sovranazionale, che impedisca la delocalizzazione fiscale legata all’automazione e stabilisca principi condivisi su equità contributiva e responsabilità sociale.

Inoltre, si discute della necessità di nuovi indicatori economici che includano la produttività dei robot nel calcolo del PIL, e di una contabilità sociale che evidenzi il contributo del capitale tecnologico alla creazione del valore.

7.3 Scenari Alternativi

Diverse visioni del futuro coesistono:

  • Scenario Utopico: automazione totale con ridistribuzione del valore tramite robot tax, garantendo a tutti una vita dignitosa e libera dal lavoro forzato.
  • Scenario Distopico: concentrazione della ricchezza, disoccupazione di massa, marginalizzazione sociale, senza meccanismi di compensazione adeguati.
  • Scenario Intermedio: coesistenza di lavoro umano e robotico, regolata da leggi inclusive e da un sistema fiscale adattivo.

Il risultato finale dipenderà da scelte politiche, sensibilità culturali e capacità di adattamento delle istituzioni.

7.4 Conclusioni

La robot tax non è una semplice imposta: è una questione politica, morale ed esistenziale. Si tratta di decidere quale società vogliamo costruire nell’era delle macchine intelligenti. Una tassazione intelligente e ben progettata può aiutare a guidare la transizione verso un’economia più inclusiva e resiliente.

Non esiste una soluzione unica. La robot tax deve essere parte di una strategia complessiva che includa istruzione, innovazione responsabile, diritti dei lavoratori e sostenibilità. Solo così sarà possibile sfruttare le immense opportunità offerte dall’automazione, senza lasciare indietro nessuno.

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