

L’articolo ripercorre l’evoluzione storica dei veicoli a guida automatizzata, partendo dalle prime sperimentazioni del Novecento fino alle più recenti innovazioni e prospettive future. Dopo aver chiarito il significato e le caratteristiche operative dei veicoli autonomi, il testo analizza i principali traguardi tecnologici raggiunti a livello internazionale e nazionale, illustrando casi emblematici come il Linrrican Wonder, i progetti europei PROMETHEUS e Argo, le competizioni DARPA Grand Challenge e le iniziative di aziende leader quali Google, Tesla, BMW e Renault. Vengono inoltre esaminati i fattori tecnici, normativi e sociali che condizionano l’implementazione su larga scala della guida autonoma, evidenziando come la piena realizzazione di una mobilità totalmente automatizzata sia ancora ostacolata da sfide complesse. Il contributo italiano, con progetti pionieristici e sperimentazioni di lunga distanza, viene valorizzato come elemento di rilievo nello scenario globale. In conclusione, l’articolo offre una panoramica sistematica delle tappe fondamentali e delle soluzioni più promettenti, sottolineando il ruolo strategico della ricerca interdisciplinare nello sviluppo di veicoli autonomi destinati a rivoluzionare il concetto stesso di mobilità.
La locuzione “veicolo a guida autonoma” e il nome “Tesla” sono ormai entrati nel lessico comune, evocando immagini di innovazione tecnologica e progresso. Tuttavia, è importante sottolineare che le prime sperimentazioni relative alla mobilità automatizzata risalgono già ai primi decenni del Novecento, a testimonianza di come il concetto abbia radici storiche ben più profonde di quanto si possa pensare. Soltanto negli ultimi anni, grazie all’evoluzione delle tecnologie digitali, dell’intelligenza artificiale e dei sistemi di sensoristica avanzata, i principali attori globali dell’industria automobilistica hanno intensificato lo sviluppo di soluzioni sempre più sofisticate in ambito di guida automatizzata.
Il presente articolo si propone di ripercorrere sistematicamente le tappe fondamentali di questa evoluzione, partendo dalle prime sperimentazioni storiche fino a giungere alle più recenti innovazioni e ai progetti futuri, che promettono di ridefinire radicalmente il concetto di mobilità. Per offrire una panoramica completa e dettagliata, sono stati analizzati e messi a confronto i principali competitor internazionali che stanno investendo in modo significativo nella ricerca e nello sviluppo di veicoli autonomi, valutando non solo le soluzioni tecniche adottate ma anche le strategie di mercato e le prospettive di implementazione su larga scala.
Il termine “autonomo” trae origine dal greco antico e si può tradurre con “autodeterminato” oppure “indipendente”. Tuttavia, nel contesto della guida automatizzata, è più corretto parlare di indipendenza operativa: un veicolo dotato di sistemi avanzati di guida automatizzata non agisce secondo una volontà propria, bensì esegue istruzioni generate da un complesso codice software, sviluppato e programmato da ingegneri specializzati, che predetermina le reazioni del veicolo in risposta agli stimoli provenienti dall’ambiente circostante. Pertanto, la definizione di “indipendente” si riferisce al fatto che, nella maggior parte degli scenari di traffico ordinario, il veicolo può funzionare senza la necessità di intervento diretto o supervisione costante da parte di un conducente umano. Questo non esclude però la possibilità, sempre garantita, che un operatore possa disattivare la modalità automatizzata e riprendere manualmente il controllo del mezzo in qualsiasi momento, secondo le esigenze operative o in presenza di condizioni non gestibili dal sistema automatico.
I veicoli a guida automatizzata, noti anche con i termini inglesi “self-driving cars”, “autonomous vehicles” o “driverless cars”, rappresentano una sofisticata integrazione di hardware e software, in cui sensori di varia natura (come lidar, radar, telecamere e sensori ultrasonici) raccolgono dati in tempo reale sull’ambiente esterno. Questi dati vengono successivamente elaborati da potenti unità di calcolo interne dotate di algoritmi di intelligenza artificiale e sistemi di machine learning, che consentono al veicolo di prendere decisioni autonome relative a molteplici aspetti della guida, tra cui accelerazione, frenata, gestione dello sterzo, cambio marcia e navigazione in scenari complessi. In altre parole, una volta attivata la modalità automatizzata, il veicolo non richiede più la presenza di un conducente nel senso tradizionale: la responsabilità del monitoraggio continuo dell’ambiente stradale e delle azioni di controllo passa dal guidatore umano al sistema informatico integrato a bordo. Come illustrato nell’ipotetico scenario di figura 1, ciò apre la strada a nuove esperienze di mobilità e ridefinisce il ruolo dell’utente.
Negli ultimi anni, sebbene alcune discussioni abbiano prospettato una rapida e totale sostituzione dei veicoli convenzionali con automobili autonome, l’entusiasmo iniziale ha lasciato spazio a una valutazione più pragmatica e realistica dello sviluppo tecnologico. Attualmente, le auto a guida automatizzata sono in grado di gestire in modo autonomo numerose situazioni di traffico, e stanno già emergendo ambiti applicativi specifici nei quali tali veicoli possono offrire vantaggi operativi e funzionali. Tuttavia, la comunità scientifica e tecnica concorda sul fatto che, almeno per il prossimo futuro, permarrà la necessità di supporto umano in particolari condizioni di traffico, così come nelle fasi di manutenzione, aggiornamento e supervisione dei sistemi. Inoltre, le tecnologie di guida automatizzata non risultano ancora universalmente adattabili a tutti i contesti d’uso e a tutte le tipologie di infrastrutture. Pur riconoscendo i potenziali benefici associati a una diffusione su larga scala di questi mezzi—come la riduzione degli incidenti, l’ottimizzazione dei flussi di traffico e l’incremento dell’efficienza energetica—è altrettanto evidente che la piena realizzazione di un simile scenario è ancora ostacolata da molteplici fattori tecnici, normativi e sociali, che verranno analizzati nei paragrafi successivi.

Figura 1 – Possibile futuro scenario a bordo di un veicolo completamente autonomo
L’evoluzione dei veicoli a guida automatizzata ha origini che risalgono addirittura agli anni Venti del Novecento, segnando un percorso di ricerca e sperimentazione che si estende per oltre un secolo. Il primo caso documentato di veicolo privo di conducente risale al 1925, quando la società statunitense Houdina Radio Control, specializzata in sistemi di controllo a distanza, presentò il prototipo denominato Linrrican Wonder. Quest’ultimo era sostanzialmente una Chandler modificata, equipaggiata con una sofisticata antenna radio in grado di ricevere segnali trasmessi da un operatore posizionato su un altro veicolo di supporto. Durante una dimostrazione pubblica, il Linrrican Wonder fu guidato attraverso le strade di New York, precisamente lungo Broadway e la Fifth Avenue, dimostrando la fattibilità di un controllo remoto del veicolo tramite impulsi radio.
Un ulteriore passo avanti venne compiuto in occasione dell’Esposizione Universale di New York del 1939, all’interno dell’installazione avveniristica denominata Futurama, progettata dall’ingegnere e designer Norman Bel Geddes con il sostegno finanziario della General Motors. In questo contesto furono esposti veicoli dotati di sistemi di guida automatizzata basati su controllo radio e alimentati tramite un campo elettromagnetico generato dall’infrastruttura stradale. Questi prototipi rappresentavano una visione pionieristica della mobilità urbana, in cui la comunicazione tra veicolo e ambiente era mediata da tecnologie elettroniche avanzate per l’epoca.
Nel 1958 General Motors introdusse un concept innovativo appartenente alla serie Firebird—veicoli sperimentali ispirati all’estetica aeronautica e mai destinati alla produzione di massa—presentando il modello Firebird III. Quest’ultimo integrava un sistema di cruise control avanzato, capace di mantenere la velocità e la traiettoria del veicolo lungo tratti autostradali senza richiedere intervento diretto del conducente. Il Firebird III, attraverso sensori e dispositivi elettronici, anticipava molte delle tecnologie oggi considerate fondamentali nei sistemi di assistenza alla guida e nelle piattaforme di sicurezza attiva, come il mantenimento di corsia e i dispositivi di prevenzione delle collisioni. È interessante notare come molte delle soluzioni oggi considerate rivoluzionarie nel campo della sicurezza stradale e della guida autonoma siano, di fatto, il risultato di idee e sperimentazioni sviluppate oltre sessant’anni fa, a testimonianza di una tradizione di ricerca che ha posto le basi per le attuali innovazioni nel settore automobilistico.

Figura 2 – General Motors Firebird III
Il primo esempio di veicolo completamente autonomo, in grado di operare senza il supporto di infrastrutture esterne o sistemi di controllo remoto, fu realizzato in Germania nel 1986 grazie al lavoro pionieristico dell’ingegnere Ernst Dickmanns e del suo gruppo di ricerca presso l’Università di Monaco. Si trattava di un van Mercedes-Benz appositamente modificato, denominato “VaMoRs” (VAmobile Robot), equipaggiato con una suite di sensori e telecamere che consentivano la raccolta e l’elaborazione in tempo reale dei dati ambientali. Attraverso algoritmi di visione artificiale e sistemi di elaborazione basati su architetture hardware dedicate, il veicolo era capace di analizzare le informazioni visive e di prendere decisioni autonome per la guida, senza alcun intervento umano diretto. Benché il progetto sia rimasto confinato alla fase prototipale, rappresentò una pietra miliare nello sviluppo delle tecnologie di self-driving, fornendo le fondamenta concettuali e operative per numerose applicazioni successive nel settore automobilistico.
Nel 1994, la collaborazione tra Mercedes-Benz ed Ernst Dickmanns portò alla presentazione di due veicoli robotizzati gemelli, denominati VaMP e VITA-2, che furono protagonisti di una serie di test su un’autostrada parigina a tre corsie, affrontando condizioni di traffico variabili. Durante queste prove, i veicoli riuscirono a percorrere autonomamente oltre mille chilometri, raggiungendo velocità di punta di 130 km/h e sperimentando manovre complesse quali guida in convoglio, cambi di corsia automatizzati e sorpassi, talvolta con interventi correttivi minimi da parte di un operatore umano. Grazie all’avanzata dotazione di sensori e sistemi di controllo, uno dei veicoli riuscì in seguito a completare un percorso di 20 chilometri a una velocità stabile di 90 km/h completamente in modalità autonoma. Tuttavia, è importante sottolineare che le prestazioni globali erano fortemente condizionate dalle limitazioni hardware dell’epoca: la capacità di calcolo dei processori impiegati si attestava su circa l’1% di quella dei computer attuali, il che influiva significativamente sulla rapidità e sull’efficacia delle risposte del sistema alle situazioni di traffico dinamico, un fattore cruciale per la sicurezza operativa di un sistema di guida automatizzata.

Figura 3 – VaMoRs di Mercedes Benz
Nel 1993, a sette anni dall’ideazione del primo prototipo, Dickmanns e il suo team diedero avvio a un nuovo progetto denominato VaMP, con l’obiettivo di innalzare ulteriormente il livello tecnologico dei veicoli autonomi. Per questa sperimentazione fu utilizzata una Mercedes 500 SEL, equipaggiata con una coppia di telecamere capaci di coprire un raggio di 100 metri e di acquisire immagini con una risoluzione di 320×240 pixel. Grazie a un software innovativo sviluppato internamente, il sistema era in grado di identificare le linee di demarcazione sulla carreggiata, localizzare la posizione del veicolo nello spazio tridimensionale e rilevare la presenza di altri mezzi nelle immediate vicinanze, fornendo così una mappatura dinamica dell’ambiente circostante. I test condotti su questa piattaforma registrarono un’autonomia operativa per circa il 95% dei 1600 chilometri percorsi, con velocità massime che raggiunsero i 180 km/h, secondo quanto dichiarato dallo stesso Dickmanns. La Mercedes VaMP, insieme al veicolo gemello VITA-2, fu parte integrante del progetto europeo PROMETHEUS (“PROgraMme for a European Traffic of Highest Efficiency and Unprecedented Safety”), promosso da EUREKA tra il 1987 e il 1995, che rappresenta uno dei più ambiziosi programmi di ricerca e sviluppo nell’ambito della mobilità intelligente, con l’obiettivo di incrementare l’efficienza e la sicurezza del traffico su scala continentale attraverso l’introduzione di tecnologie avanzate per la guida automatizzata.

Figura 4 – 500 SEL Prometheus VaMP di Mercedes Benz
Anche l’Italia ha fornito un contributo significativo nel campo della guida automatizzata, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, grazie alle ricerche condotte dal professor Alberto Broggi presso l’Università di Parma. Un progetto particolarmente emblematico è rappresentato da Argo, una Lancia Thema profondamente modificata, che nel 1998 fu protagonista di una sperimentazione su vasta scala: il veicolo coprì un itinerario di quasi duemila chilometri in soli sei giorni, attraversando le principali arterie stradali del Nord Italia. L’iniziativa, nota anche come “Mille Miglia in Automatico”, fu concepita per dimostrare la maturità delle tecnologie di percezione artificiale e controllo autonomo disponibili all’epoca.
Argo fu in grado di operare in modalità completamente autonoma per il 94% del tempo di percorrenza, grazie a un sistema avanzato di analisi ambientale basato sull’elaborazione in tempo reale dei dati acquisiti da due semplici telecamere monocromatiche a basso costo. Il software sviluppato dal team di Broggi implementava sofisticati algoritmi di visione artificiale, capaci di interpretare la segnaletica orizzontale, rilevare la presenza di ostacoli e identificare le condizioni di traffico circostanti, consentendo così al veicolo di mantenere la corsia, regolare la velocità e prendere decisioni di guida in autonomia, senza intervento umano diretto.

Figura 5 – Argo, interni ed esterni della Lancia Thema
Il contributo di Broggi al settore non si esaurisce qui: nel 2010, con la sua startup VisLab, ha portato a termine uno dei primi esperimenti internazionali di guida autonoma a lunga distanza. Un veicolo equipaggiato con una piattaforma multisensoriale – costituita da telecamere, sensori LIDAR e sistemi di posizionamento satellitare GPS – è riuscito a completare un viaggio intercontinentale da Parma a Shanghai, coprendo oltre 13.000 chilometri in condizioni ambientali e infrastrutturali estremamente eterogenee. Tale impresa ha rappresentato una pietra miliare nello sviluppo delle tecnologie di self-driving, dimostrando la robustezza e la scalabilità dei sistemi di percezione, localizzazione e decisione automatica sviluppati dal gruppo di ricerca italiano.

Figura 6 – Veicolo attrezzato dalla startup VisLab
Un punto di svolta fondamentale per il settore dei veicoli autonomi si verificò nel 2004 con la prima edizione della DARPA Grand Challenge, una competizione di rilievo internazionale organizzata dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) statunitense. L’obiettivo strategico dell’iniziativa era quello di promuovere un avanzamento significativo nelle tecnologie di guida autonoma, stimolando i team partecipanti – composti da università, centri di ricerca e aziende specializzate – a progettare e realizzare veicoli robotici completamente autonomi, ovvero in grado di percorrere senza alcun intervento umano diretto un percorso di ben 240 km attraverso il difficile e imprevedibile ambiente del deserto del Mojave, negli Stati Uniti. In palio vi era un premio di un milione di dollari, destinato al primo veicolo in grado di completare con successo l’intero tragitto in totale autonomia.
Tuttavia, la competizione del 2004 mise in evidenza le notevoli sfide tecniche e ambientali ancora da superare: nessuno dei veicoli iscritti riuscì a raggiungere il traguardo a causa delle condizioni estreme del percorso, caratterizzato da terreni accidentati, ostacoli naturali, forti variazioni climatiche e la totale assenza di infrastrutture di supporto. Il premio non fu quindi assegnato. Il risultato migliore fu ottenuto dal veicolo “Sandstorm”, sviluppato dal team della Carnegie Mellon University, che si distinse quale “vincitore morale” avendo percorso autonomamente la distanza più lunga, circa 12 chilometri. Sandstorm era equipaggiato con una sofisticata suite di sensori: quattro LIDAR (tre con installazione fissa e uno mobile per una maggiore copertura), un radar per la rilevazione degli oggetti, due telecamere per la visione artificiale e un sistema di posizionamento GPS avanzato, integrato e ottimizzato appositamente per l’autonomia veicolare.
L’anno successivo, nel 2005, la DARPA organizzò una seconda edizione della Grand Challenge, questa volta lungo un percorso situato al confine tra California e Nevada, aumentando il premio per il vincitore a due milioni di dollari. Le innovazioni implementate dai team partecipanti e l’esperienza acquisita nella prima edizione portarono a risultati decisamente migliori: ben cinque veicoli autonomi riuscirono a completare il percorso nella sua interezza. Il primo classificato fu “Stanley”, una Volkswagen Touareg profondamente modificata dal team della Stanford University. Stanley era dotato di una piattaforma sensoriale all’avanguardia composta da cinque LIDAR per la scansione tridimensionale dell’ambiente, un sistema GPS potenziato tramite accelerometri e giroscopi per una localizzazione estremamente accurata, e un processore Intel Pentium M da 1.6 GHz dedicato all’elaborazione in tempo reale dei dati provenienti da tutti i sensori, consentendo così la pianificazione autonoma delle traiettorie e la gestione delle manovre in condizioni altamente dinamiche e complesse.
Parallelamente, nel 2008, si registrarono importanti sviluppi anche nel contesto dei sistemi di trasporto pubblico automatizzato e dei veicoli per applicazioni industriali. In Olanda fu introdotto il ParkShuttle, uno dei primi servizi di navetta a guida completamente autonoma per il trasporto collettivo su percorsi dedicati, evidenziando il potenziale di queste tecnologie per la mobilità urbana sostenibile. Nello stesso anno, la compagnia mineraria canadese Rio Tinto Alcan avviò la sperimentazione operativa del primo veicolo da cantiere di grandi dimensioni totalmente automatizzato, segnando un ulteriore passo avanti nell’applicazione della guida autonoma in scenari altamente specializzati e ad elevata complessità operativa.

Figura 7 –ParkShuttle, servizio di trasporto pubblico a guida automatizzata.
A partire dal 2009 si assiste a una fase di forte accelerazione e consolidamento nelle attività di ricerca e sviluppo dedicate ai veicoli a guida autonoma, con il coinvolgimento diretto dei principali costruttori automobilistici mondiali come General Motors, Ford, Volkswagen, Mercedes-Benz, Audi, Toyota, Nissan, Volvo e BMW. Queste aziende, spesso in collaborazione con operatori tecnologici come Google e Tesla, hanno investito risorse significative non solo nell’innovazione hardware legata alla sensoristica e ai sistemi di attuazione, ma soprattutto nell’integrazione di piattaforme software avanzate, fondamentali per l’interpretazione dei dati ambientali, la pianificazione delle traiettorie e la gestione autonoma del veicolo in scenari di traffico complessi.

Figura 8 –Komatsu Autonomous Haulage System
Un passo fondamentale in Europa si registra nel 2010, grazie all’Istituto di Ingegneria dei Sistemi di Controllo della Technische Universität Braunschweig, che realizza la prima dimostrazione pubblica di guida automatizzata su strade urbane e autostradali in Germania. Il veicolo sperimentale Leonie, equipaggiato con una suite di sensori e un’architettura di controllo distribuita, ottiene il riconoscimento ufficiale di primo veicolo dotato di “patente di guida automatizzata”, potendo così circolare legalmente sulle infrastrutture stradali tedesche. Questo primato segna una svolta nella validazione su larga scala delle tecnologie di self-driving in ambito reale.
Nel 2011 la Freie Universität di Berlino, tramite il gruppo di ricerca AutoNOMOS, sviluppa due prototipi di veicoli autonomi, Spirit of Berlin e MadeInGermany, capaci di affrontare autonomamente il traffico cittadino berlinese. Questi sistemi dimostrano la capacità di gestire in modo completamente automatizzato una vasta gamma di situazioni urbane, incluse intersezioni semaforizzate, rotonde, attraversamenti pedonali e tratti stradali ad alta densità di veicoli, utilizzando algoritmi di percezione, fusione sensoriale e controllo predittivo.
Sempre nel 2011, negli Stati Uniti, emergono i primi riferimenti normativi specifici per la circolazione e il collaudo di veicoli autonomi. Il Nevada è il primo stato a promulgare una legislazione ad hoc, regolamentando l’emissione di targhe dedicate, la qualifica degli esaminatori e i protocolli di testing per i veicoli a guida automatizzata. A breve distanza seguono la Florida, seconda entità federale a consentire test su strada, e la California, che approva una legge specifica firmata dal governatore Jerry Brown direttamente presso la sede centrale di Google a Mountain View, sancendo così un quadro normativo favorevole allo sviluppo e alla sperimentazione di queste tecnologie.
Nel 2013, il laboratorio VisLab dell’Università di Parma prosegue nella sperimentazione avanzata di veicoli autonomi, conducendo test pionieristici nel cuore della città. Un veicolo robotico senza conducente affronta con successo un percorso urbano che include rotonde, incroci regolati da semaforo, attraversamenti pedonali e altre situazioni a rischio tipiche della circolazione tradizionale, dimostrando la maturità raggiunta dai sistemi di percezione, localizzazione e controllo automatico sviluppati dal gruppo italiano.
Nel 2014 si assiste all’ingresso sul mercato del primo veicolo commerciale a guida completamente automatizzata: la navetta elettrica Navia di Induct Technology, illustrata nella figura seguente. Si tratta di un mezzo progettato per il trasporto collettivo in aree delimitate e a velocità ridotta (fino a 20 km/h), con una capienza di otto passeggeri. Le sue applicazioni tipiche includono zone pedonali urbane, grandi siti industriali, aeroporti, parchi tematici, campus universitari e complessi ospedalieri, ovvero tutti quei contesti in cui l’ambiente è protetto e la velocità contenuta garantisce elevati standard di sicurezza. L’introduzione di Navia rappresenta un passaggio chiave verso la diffusione commerciale delle tecnologie di automazione della mobilità nei contesti a basso rischio.

Figura 9 – Navetta elettrica Navia, in vendita dal 2013
Nello stesso anno, sia Google sia Tesla compiono passi significativi nel settore della guida autonoma annunciando lo sviluppo di nuovi modelli di veicoli dotati di sistemi avanzati di automazione. Google segna una svolta storica realizzando, per la prima volta, veicoli autonomi progettati e costruiti ex novo, abbandonando la precedente strategia di conversione di piattaforme automobilistiche già esistenti. Questi nuovi prototipi sono concepiti sin dall’inizio per integrare in modo nativo sensori, attuatori e sistemi di controllo ridondanti, ottimizzando la configurazione hardware e software per la guida completamente autonoma e garantendo elevati standard di sicurezza funzionale e affidabilità nelle operazioni su strada.
Tesla, dal canto suo, introduce ufficialmente la prima release del sistema AutoPilot, una piattaforma proprietaria di assistenza avanzata alla guida (ADAS) capace di gestire in autonomia le principali funzioni dinamiche del veicolo: controllo automatico della sterzata, gestione della frenata e dell’accelerazione, esecuzione di manovre di parcheggio e implementazione di aggiornamenti software da remoto (over-the-air) per il continuo miglioramento delle prestazioni e delle funzionalità del sistema. Nel 2015, Tesla decide di estendere l’adozione di questa tecnologia a tutta la gamma di veicoli compatibili mediante aggiornamenti software, favorendo così una rapida diffusione delle capacità di guida semi-autonoma tra gli utenti. Tuttavia, questa scelta strategica solleva un acceso dibattito tra esperti e operatori del settore, in particolare riguardo ai limiti normativi e alle responsabilità legali in caso di incidenti o violazioni del codice stradale: la normativa vigente, infatti, disciplina esclusivamente l’utilizzo di veicoli autonomi a scopo sperimentale o di prova, senza prevedere un quadro regolatorio chiaro per la circolazione ordinaria di tali sistemi su strade pubbliche.
Parallelamente, le principali case automobilistiche orientano già la loro ricerca verso i veicoli di prossima generazione, caratterizzati da livelli sempre più elevati di automazione. Un esempio emblematico è rappresentato da Renault che, in occasione del Salone di Francoforte del 2017, presenta il concept car Symbioz (figura 8), un prototipo di veicolo dotato di architetture elettroniche e sensoriali avanzate, concepito per raggiungere la guida assistita di livello 4 secondo la classificazione SAE. L’obiettivo dichiarato è l’introduzione su strada di tale modello entro il 2030, segnando così una tappa fondamentale verso la piena automazione della mobilità privata.

Figura 10 – Interni prototipo Renault Symbioz
Il concept Vision Next 100, sviluppato da BMW e presentato al Centenary Event di Monaco nel 2016, rappresenta una visione avanzata della mobilità futura, integrando soluzioni tecnologiche all’avanguardia e un approccio radicalmente innovativo all’interazione uomo-macchina. Il veicolo è stato progettato per offrire due modalità operative distinte, ciascuna caratterizzata da una riconfigurazione sia degli spazi interni che dell’esperienza di bordo, al fine di massimizzare la flessibilità d’uso e l’adattamento alle esigenze degli utenti.
La prima modalità, denominata “Ease”, prevede la completa automatizzazione della guida: in questa configurazione, il volante e la console centrale vengono retratti all’interno della plancia, i sedili ruotano verso il centro dell’abitacolo creando un ambiente conviviale che favorisce la comunicazione tra i passeggeri, mentre la gestione dinamica del veicolo viene affidata interamente ai sistemi di guida autonoma di livello avanzato. Tale assetto consente di trasformare l’auto in uno spazio sociale mobile, privilegiando comfort, sicurezza e modalità di interazione inedite rispetto alla tradizionale esperienza di viaggio.
La seconda modalità, denominata “Boost”, restituisce il pieno controllo dinamico al conducente, il quale può gestire direttamente tutte le funzioni di guida, beneficiando comunque di un supporto costante da parte dei sistemi elettronici di assistenza avanzata (ADAS). In particolare, attraverso una sofisticata interfaccia proiettata sul parabrezza (head-up display di nuova generazione), il guidatore riceve in tempo reale informazioni contestuali, suggerimenti predittivi e feedback sensoriali utili a ottimizzare la sicurezza e le prestazioni durante la marcia.

Figura 11 – a sinistra IDEO WOW; a destra IDEO Cody
Analogamente, altri costruttori automobilistici come Mercedes-Benz, Volkswagen e Toyota hanno presentato concept vehicle caratterizzati da soluzioni simili, sebbene declinate secondo filosofie progettuali e linee estetiche differenti. Particolarmente degno di nota è il prototipo IDEO Cody, un veicolo autonomo sviluppato per automatizzare e innovare i servizi di consegna logistica tipici di operatori come Amazon, UPS e DHL. Questo mezzo si distingue per l’assenza totale di un abitacolo destinato ai passeggeri e per la carrozzeria completamente trasparente, caratteristiche che ne enfatizzano la vocazione esclusivamente funzionale e la trasparenza operativa. Tra le sue dotazioni spiccano una superficie interna a depressione per il fissaggio sicuro dei pacchi durante il trasporto e un braccio robotizzato multifunzione, progettato sia per ottimizzare la disposizione dei colli all’interno del vano di carico sia per consegnare direttamente il pacco al destinatario, previa verifica automatica dell’identità tramite sistemi di riconoscimento avanzati.
Un ulteriore concept di rilievo è rappresentato da IDEO WOW (Work On Wheels), un veicolo autonomo concepito come spazio lavorativo mobile e flessibile. Anche in questo caso, la carrozzeria trasparente contribuisce a creare un ambiente luminoso e aperto, mentre l’allestimento interno richiama quello di un moderno ufficio, completo di sedute ergonomiche e tavolo centrale. L’obiettivo di questa soluzione è quello di offrire ai professionisti la possibilità di svolgere attività lavorative durante gli spostamenti, attraversando aree piacevoli e rilassanti della città o del territorio, con il fine ultimo di aumentare il benessere e la produttività degli utenti, sfruttando appieno le potenzialità offerte dall’automazione e dalla connettività veicolare di ultima generazione.